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LETTERA A VALENTINA
Genitori: anni difficili
di Nunzio Gambuti
In questa società che corre, dove tutto è deserto, mi domando: se un uomo può ancora morire; se guardare un tramonto fa ancora emozione; se un sorriso è poi davvero importante; se i nostri figli hanno ancora voglia di noi.
Le strade rumorose hanno già svegliato la città. Mi incammino. Compro il giornale. Poi salgo su un lento metrò. Mi porto dietro i miei pensieri, dove passato e presente si rincorrono: i miei anni di ieri ed i tuoi di oggi.
Ti cerco, ti trovo, ti osservo, mentre rimani seduta, indifferente, davanti ad un vecchio. Ti ascolto, ti vedo, arrogante, indolente e contemporaneamente insicura. Ma nei tuoi occhi già non ci sono più sogni, senza capire che c'è anche domani per crescere ancora. Eppure, noi, sordi auditori nella ragione delle nostre certezze, ci cerchiamo. In un linguaggio di suoni che non è sempre uguale ci rincorriamo. E poi viviamo, in questo malessere che ci graffia la pelle, effimere sostanze di essere. E così restiamo, prigionieri di noia, senza capire e senza capirci, come isole senza mare.
Il coraggio è vivere oggi.
Quando mille paure si fondono, ti assalgono, si allontanano e poi ritornano. Il coraggio è vivere oggi in una società dove un uomo è colpevole perché non ha rubato; dove un uomo normale è soltanto un diverso; dove è l'etichetta di un vestito che ti rende importante. Soltanto gli uomini veri, icone di se stessi, sono uomini. Non cercarmi lontano. Non cercare soltanto nelle parole. In questo silenzio, che silenzio non è, anche un gesto banale può essere amore. Non guardare severa chi qualche volta la sera ritorna deluso, perché ogni giorno non è sempre festa. Il mio futuro è dentro di te. E qualunque sarà la tua strada e la direzione del tuo cammino, io ti verrò dietro.